Orsara di Puglia: un borgo della Daunia in una giornata FAI

Orsara di Puglia: un borgo della Daunia in una giornata FAI

Last Updated on 6 Febbraio 2019 by Simona Viaggia Come Il Vento

Quando il primo tenue sole comincia a riscaldare le giornate di marzo persino un’amante del freddo come me comincia a sentire il desiderio di uscire dal letargo invernale e assaporare il profumo della primavera nell’aria (desiderio assai breve: a giugno comincerò già a sbroccare per il caldo). E’ in questo periodo dell’anno che amo spingermi verso i piccoli paesini del Subappennino Dauno con le verdi colline, i primi arbusti in fiore e poiane e falchi pellegrini che volano così bassi da avere l’impressione di poterli sfiorare allungando le mani.
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Le giornate FAI di Primavera offrono sempre ottimi spunti per andare alla scoperta del territorio dei Monti Dauni ed è stato in una di queste giornate di un paio di anni fa che con la mia amica Marta siamo andate alla scoperta del borgo di Orsara di Puglia, città slow, che si fregia del riconoscimento della bandiera arancione del TCI.

Una bella giornata di sole accompagna il nostro viaggio tra le dolci colline ondulate ricoperte di un bel manto erboso verde lussureggiante e masserie e piccoli borghi che punteggiano il paesaggio qua e là. Ogni tanto indico entusiasta alla mia amica qualche poiana. Non credo riesca a comprendere fino in fondo il mio entusiasmo per questo tipo di apparizioni.

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Giungiamo ad Orsara di Puglia il cui nome si intreccia già con la leggenda. E sì, perché questo è il paese dell’orsa come suggerisce il nome e lo stesso stemma comunale. Merito di un’orsa e dei suoi due cuccioli ritrovati in una tana vicina, come vuole la leggenda, o di un potente nobile di nome Ursus che abitava questi luoghi? Resta il dilemma ma io sono una sognatrice e mi piace l’idea di orsi che abitavano questi luoghi.

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Al nostro arrivo ci appare subito il complesso abbaziale, tuttavia decidiamo di visitare prima il centro storico con le sue viuzze lastricate in pietra, le fontane ed i palazzi storici.

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Ci sono degli scorci davvero caratteristici con i balconcini ed i gradini che conducono alle abitazioni adornati con piante in fiore. Attraversando le stradine strette e contorte arriviamo al famoso forno alimentato a paglia in cui fanno bella mostra focacce pronte per essere infornate mentre alle travi del soffitto sono appesi i pomodorini,come nella tradizione pugliese, aglio, peperoncino e salsicce  che ci fanno già venire l’acquolina in bocca.
Il forno costruito nel lontano 1526 veniva utilizzato dagli abitanti del paese per cuocere il pane impastato a casa e recante sull’impasto il proprio marchio di famiglia. Nel forno oggi si cuoce di tutto, non solo pane.
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Ad occuparsene  è Angelo, un fornaio che lo custodisce con amore cercando di trasmettere cultura alimentare. Il pane della tradizione, preparato con lievito madre e grano biologico, una volta sfornato non viene venduto ma barattato con altri prodotti. Ma perché un forno a paglia? La legna serviva per riscaldare le abitazioni e per cucinare, così si utilizzava la paglia di seconda scelta per alimentare i forni. La migliore invece era destinata agli animali. Nella bocca del forno riscaldata da 4 stufe inferiori vanno ben 40 pagnotte. Immaginate la fragranza della pagnotte  sfornate con la loro sottile crosta croccante  ed all’interno la soffice mollica. Riuscite a sentire il profumo del pane appena sfornato?

Ritorniamo sui nostri passi. Circondato da una pineta sorge l’antico complesso abbaziale dell’Angelo costituito dalla Chiesa del Pellegrino, dalla Grotta di San Michele e dalla Chiesa di Santa Maria Annunziata.
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Il complesso è stato edificato a ridosso della Grotta di San Michele, una piccola chiesa scavata nella roccia all’interno di un anfratto naturale. Vi accediamo attraverso una scalinata non proprio agevole anch’essa ricavata nella pietra chiamata Scala Santa.

Nella grotta con il soffitto in roccia vi è un’unica navata con un altare ed una nicchia. Numerose iscrizioni testimoniano il passaggio da Orsara dei pellegrini  in cammino verso il più grande Santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo.
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La Chiesa di San Pellegrino risalente al 1600 circa fu costruita per conservare una reliquia del santo, il pollice destro, che tuttavia andò persa in seguito ad un terremoto. Di stile gotico con una navata unica ed un campanile con due finestre la chiesa non è altro che un semplice passaggio alla grotta.
La Chiesa di Santa Maria Annunziata risale al XI sec circa ed è caratterizzata dalla quasi totale assenza di elementi decorativi tipici delle chiese. Il suo aspetto di forma rettangolare in pietra viva caratterizzato da forme pulite e sobrie rivela un chiaro stile bizantino. L’interno, sormontato da due cupole ellissoidali collegate da volte a botte, conserva pochi ornamenti che sembrano essere recupero di strutture architettoniche preesistenti, come un capitello romanico su cui poggia l’altare eucaristico ed una seduta in pietra sorretta da due leoni.

Il Palazzo Baronale facente anche esso parte del complesso abbaziale era in origine un monastero e fu utilizzato dai cavalieri dell’antico ordine monastico dei Calatrava fino quasi alla fine del 1300. Due secoli dopo fu acquistato dalla nota famiglia spagnola dei Guevara, feudatari di Orsara fino al 1806, che ne fece la propria residenza.
Nel cortile in occasione di questa giornata FAI hanno allestito una mostra sugli antichi mestieri, tra cui non può mancare quello dell’intreccio dei fili di canne trasformati in cesti diffuso in tutti i paesi dei Monti Dauni.
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Poco lontano dal Palazzo Baronale troviamo la Fontana Nuova, poco nuova a dir la verità visto che risale al XVI. Si tratta di un abbeveratoio coperto in pietra adornato con due archi che offriva riparo ad i viandanti assetati.
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Ma Orsara di Puglia vanta una grande ricchezza oltre quella architettonica ed è l’offerta enogastronomica. Questo borgo slow ha puntato tantissimo e con grandi meriti sul gusto. Pensiamo al cacioricotta caprino ed ai 3 vini orsaresi che hanno ottenuto il marchio IGT. Qui si punta sui prodotti locali, a km zero e di stagione, sapientemente lavorati da gente che ama il proprio territorio.
Pranziamo da Donna Cecilia  dove in velocità riusciamo a battere di poco altri due turisti e ad ottenere l’ultimo tavolo.

Il proprietario, il sig. Michele, ci chiede se vogliamo il menù FAI o il menù completo. Non appena sente che, assolutamente, vogliamo il menù completo si illumina e dà inizio a quello che sarà un percorso gastronomico attraverso il territorio di pura gioia per il palato.  Prendetevi tutto il tempo necessario per gustarvi il pranzo. Assaporate la piacevole lentezza di questo borgo anche a tavola. Dopo ben tre ore, quando crediamo il pranzo sia giunto al termine, il sig. Michele si avvicina al tavolo con una forma di formaggio di cui ci fa assaggiare delle fette. Nonostante non ci sia un millimetro di spazio ormai, non possiamo rifiutare e facciamo davvero bene.

Assaporiamo il borgo ancora immerso nel riposo domenicale post pranzo. Ci sono degli scorci magnifici sui Monti Dauni e sulle verdi colline intorno. Per le strade assonnate si sente ancora il profumo del ragù domenicale. Le strade lastricate sembrano quasi luccicare sotto il sole pomeridiano. Ci godiamo il paese ancora per un po’ tutto per noi.
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Attendiamo il pomeriggio quando per le strade di Orsara si snoda il corteo storico che partendo da Largo San Michele e attraversando l’antico arco di Via Calatrava rievoca l’arrivo dell’antico ordine dei cavalieri di Calatrava. Solitamente questa rievocazione, accompagnata da sbandieratori e arcieri,  ha luogo a metà agosto nell’ambito di una manifestazione più complessa e ricca di eventi.

 

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Con l’inizio del tramonto ci rimettiamo sulla strada per tornare a casa non prima di esserci fermate in campagna per godere ancora un po’ di quest’aria di primavera tra i Monti Dauni. Evviva l’arte di vivere con lentezza di questo angolo di Puglia!
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