La mia Turchia profuma di dolci al miele

La mia Turchia profuma di dolci al miele

Last Updated on 6 Maggio 2022 by Simona Viaggia Come Il Vento

Non so perché ma alla Turchia mi sono avvicinata con timore. Non so se fosse per la paura di non riuscire nel lavoro (era nemmeno un mese che lo avevo cominciato) o perché era il mio primo viaggio in una nazione musulmana che immaginavo chiusa e tradizionalista, fatto sta che avevo un’inspiegabile fifa.

Turchia

Diciamolo: non ho scelto io la Turchia, è stato il mio lavoro a scegliere lei per me. Però la paura si è affievolita sorvolando lentamente il Bosforo. Tutte quelle navi container! Un’autostrada del mare sotto di me ed io con il naso schiacciato contro il finestrino ad osservare a bocca aperta. Curiosità batte paura 1 a 0! Quel mio primo viaggio mi ha portata ad Izmir, con un breve scalo ad Istanbul.

Ho dovuto aspettare ancora qualche mese prima di scoprire la metropoli a cavallo tra Europa e Asia. Di Izmir ricordo il tramonto sul Kordon, il lungomare, con i suoi bar e ristoranti all’aperto affollati di gente intenta a bere ed a fumare narghilè nonostante fosse gennaio ed un localino in cui ragazze turche in minigonna ballavano sulle note di musica latino americana.

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Il Kordon di Izmir

E così il mio castello di preconcetti si è disintegrato in poche ore! Sebbene in questi anni non abbia potuto vivere la Turchia in tutta la sua bellezza come farei in qualsiasi altro viaggio, credo che sia la nazione che conosco meglio forse perché più che i luoghi ho imparato a conoscere la sua gente. Capite che tempo per girare quando si viaggia per lavoro non ce n’è molto.

Così ho imparato a conoscere Istanbul ed il sud-est della Turchia negli scampoli di tempo. Sì, Istanbul è solo una parte del viaggio, a volte è persino solo uno scalo di mezza giornata. Il mio mondo è il sud est, nel triangolo di Gaziantep, Kahramanmaraş e Adana. Più o meno a 100-200 km dai confini siriani.

La mia Turchia profuma di dolci al miele

Istanbul è colpo di fulmine

I must della metropoli

Quello tra me ed Istanbul è stato amore a prima vista. Un amore sfiorato sorvolandola dieci anni fa e poi scoppiato quando, costeggiando il lungomare in taxi per arrivare in hotel, mi è apparsa sullo sfondo la Torre di Galata immersa nei colori arancio e rosa di una magnifica alba. Sono rimasta a bocca aperta, incantata da quella visione fiabesca. E’ esattamente quella immagine che la mia mente conserva ancora oggi come un’istantanea.

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Foto presa da Pixabay

Se mi chiedessero quale città valga la pena visitare almeno una volta nella vita direi senza ombra di dubbio Istanbul, perciò se doveste avere anche solo mezza giornata di scalo nella metropoli turca lasciate senza esitazione l’aeroporto e scopritela. In un pomeriggio di inaspettata libertà ho visitato il palazzo Topkapı, la Moschea Blu e sono salita sulla mia amata Torre di Galata da cui ho potuto godere di una vista mozzafiato.

Il Palazzo Topkapı, trasformato in museo nel 1924 per volontà di Atatürk, domina dall’alto di una collina una delle zone più belle di Istanbul con una vista che spazia a nord sul Corno D’Oro, a sud sul Mar di Marmara e a nord est sul Bosforo. Già solo arrivare fin lassù per sedersi a sorseggiare un çay, il tè turco, o una bibita fresca in una giornata calda vi delizierà con la vista sugli yalı, le antiche e maestose residenze di legno sul Bosforo.

Percorrendo i cortili del Palazzo e l’harem non meravigliatevi di sentirvi catapultati nelle favole orientali de Le Mille e una Notte con le stanze colorate dalle meravigliose maioliche blu e dai mosaici, le collezioni di armi e orologi, ed un tesoro imperiale dal valore inestimabile (alcuni dei gioielli più costosi al mondo sono custoditi qui!).

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Foto presa da Pixabay

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Foto presa da Pixabay

La Moschea Blu non può sfuggire allo sguardo con i suoi 6 minareti che svettano verso il cielo. Una volta entrati, rigorosamente senza scarpe e con il capo coperto, rimarrete estasiati di fronte alle oltre ventimila maioliche azzurre di Iznik che ricoprono le pareti e la cupola. La luce penetrando dalle finestre e infrangendosi sulle ceramiche dona all’interno della moschea un aspetto davvero suggestivo.

 

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Nel cuore del quartiere di Beyoğlu si erge con i suoi 66 metri di altezza l’anima genovese della metropoli turca: la Torre di Galata da cui con lo sguardo si può abbracciare l’intera città.
Pensata dapprima dai genovesi come torre di controllo per l’avvistamento dei nemici, poi attraverso i secoli tramutata in prigione, dopo in osservatorio astronomico ed infine in punto di osservazione per individuare gli incendi, ahimè una volta assai frequenti ad Istanbul, la Torre di Galata offre un incredibile panorama sul Corno d’Oro e sulle vie animate della città.

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La Torre di Galata

Tra i luoghi di Beyoğlu che amo di più c’è il Çiçek Pasajı, letteralmente il Passaggio dei Fiori, così chiamato perché fino agli anni ’50 vi erano numerose botteghe di fiorai. In questa storica galleria dall’elegante aria parigina vi sono Cafè e ristorantini, certamente non troverete il miglior cibo di Istanbul ma se volete godere una serata in un’atmosfera gioviale bevendo rakı ascoltando musica prendete posto in uno dei ristoranti.

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Çiçek Pasajıci

Ma il clima festoso è una peculiarità di questo quartiere di Istanbul. Come nella vivace via di Nevizade dove ad ogni passo i camerieri delle decine di meyhane, le tipiche taverne turche, cercheranno di convincervi a sedervi ai loro tavoli  per gustare le meze, gli antipasti, che loro stessi vi mostreranno portandovi un vassoio con decine di piattini già pronti.

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Beyoğlu, meyhane sulla Nevizade

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Meyhane a Beyoğlu

Insolita Istanbul 

Ma vi va di scoprire qualcosa di diverso ad Istanbul? Se sì, allora spostatevi nel quartiere di Yeşilköy, una volta chiamato Hagia Stefanos (Santo Stefano), sul Mar di Marmara. Questo quartiere una volta abitato da greci, armeni, italiani e francesi, ha mantenuto molte delle sue caratteristiche architettoniche e multiculturali.

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Credit to Muhsin Aydin

Inoltre la sua vicinanza all’aeroporto Atatürk ha fatto sì che non fosse possibile costruire grandi palazzoni o grattacieli e lo skyline non è stato stravolto conservando così le deliziose costruzioni in legno in stile Art Nouveau della fine del XIX secolo. Ve ne innamorerete e resterete stupiti da come si possa lavorare il legno tanto da farlo sembrare un ricamo. Lasciatevi cullare dal dolce rumore delle onde del mare cenando nei ristoranti di pesce della Marina di Yeşilköy.

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Credit to Muhsin Aydin

Ma torniamo agli yalı, le antiche residenze in legno sulle rive del Bosforo risalenti al periodo ottomano, una volta appartenenti agli ufficiali ed alla ricca borghesia di Istanbul. Ne sono rimasti 620 ma purtroppo non tutti messi bene. Alcune di queste residenze sono tra le più costose al mondo ma molte sono in completo stato di abbandono e questo è un vero peccato. Alcuni itinerari in traghetto sul Bosforo seguono proprio gli yalı più significativi ed importanti.

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Credit to Birasuegi/Flickr

Durante il periodo ottomano i colore degli yalı dipendeva dalla posizione sociale o dal mestiere del proprietario. Per esempio quelli di colore grigio erano di solito dei cristiani o degli ebrei, quelli beige, bianchi o gialli invece dei musulmani, mentre rossi erano gli yalı dei dipendenti pubblici.

Il più antico yalı rimasto è quello di Köprülü Yalı nel quartiere di Kanlıca sulla sponda asiatica del Bosforo di cui è rimasta purtroppo solo una sezione a causa di un incendio. Gli incendi sono stati spesso la causa della distruzione di queste magnifiche residenze come racconta in molti sui romanzi il premio Nobel turco per la letteratura Orhan Pamuk.

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Credit to Henri Bergius/Flickr

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La Turchia di Pamuk

Quando ho realizzato che quello tra me e la Turchia sarebbe stato un lungo sodalizio mi sono detta che dovevo capire quanto più possibile su questa nazione e sulla sua gente. Ho provato persino ad imparare il turco ma mi sono arresa. Mastico giusto un paio di frasi e parole che mi fanno sentire una deficiente quando le uso. Ed è così che sono diventata un’accanita lettrice dei libri di Pamuk.

Turchia
Non a caso vi parlo del famoso scrittore turco. Avete mai letto il suo romanzo il Museo dell’Innocenza?
Ad Istanbul nel quartiere di Çukurcuma, a pochi passi dalla chiassosa  Istiklal, tra negozi di antiquariato e gallerie d’arte ha trovato casa il Masumiyet Müzesi, il Museo dell’Innocenza, ideato dallo stesso Pamuk parallelamente al romanzo. In 83 teche, tanti quanti sono i capitoli del libro, sono raccolti tutti gli oggetti che Kemal, il protagonista del romanzo, colleziona e che mantengono vivo nella sua mente il ricordo del suo amore Füsun. Tutti oggetti che gli permettono di fissare il ricordo di un momento.

Era l’istante più felice della mia vita, e non me ne rendevo conto. Se l’avessi capito, se allora l’avessi capito, avrei forse potuto preservare quell’attimo e le cose sarebbero andate diversamente? Sì, se avessi intuito che quello era l’istante più felice della mia vita non mi sarei lasciato sfuggire una felicità così grande per nulla al mondo.

Se avete il romanzo noterete che a pagina 563 c’è un facsimile del biglietto di ingresso. Quel biglietto sarà per voi la chiave per entrare nel mondo dei protagonisti. Sì, perché se portate il libro con voi e mostrate la pagina all’ingresso entrerete gratuitamente nel Museo dell’Innocenza.

Turchia

Venditore di Simit, il tipico pane con semi di sesamo, sulla Istiklal

La mia Turchia profuma di dolci al miele

Kahramanmaraş

Due Turchie. Così vicine, così lontane.
In quasi due ore di volo si raggiunge Kahramanmaraş, nel sud-est della Turchia. In una valle, circondata da alte montagne che in inverno si tingono di bianco.
In primavera mi accolgono sempre gli alberi in fiore.  Il contrasto con Istanbul appare subito evidente.

Maras
L’atmosfera vibrante ed i colori lasciano il posto al monocolore di una città industriale dall’antico passato ma fuori dai circuiti turistici. Qui raramente ho incontrato turisti. La maggior parte degli stranieri che giungono fino qui lo fanno per lavoro come me.

Eppure si tratta di una città antichissima dal passato glorioso, colonia dei Romani che la chiamarono Germanicia Caesarea. Nel 2007 durante degli scavi illegali sono venuti alla luce diversi mosaici del IV-VI d.C appartenenti a ville romane abitate dalle élite locali. Parte di questi mosaici (gli scavi sono ancora in corso) ora sono in mostra nel Museo Archeologico della città facendo di Kahramanmaraş una tappa lungo l’itinerario storico di Sanliurfa, Gaziantep ed Hatay.

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Foto Instagram di  Seeyou Turkey

L’eroica Maraş (proprio così, perché Kahraman vuol dire eroico. Nome che assunse nel 1973 dopo il coraggio dimostrato dalla popolazione durante la sollevazione contro l’occupazione francese) si trova in una piana circondata da colline e montagne ricca di fiumi e bacini.

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Sidecar alternativi

È una una città complessa dove modernità e abitudini rurali ancora convivono. Accanto a mercedes sfavillanti a volte ci si imbatte in asini carichi di merce, ingegnosi e colorati sidecar, carretti del çay o greggi di capre. Qui trovate la vera Turchia, quella che non rinuncia alla sua storia, alla religione ed alle sue tradizioni nonostante il turbo capitalismo negli ultimi anni abbia portato ad una forte espansione.

Turchia

Trovate il famoso kangal in questa foto

Enormi bandiere turche sventolano lente e sinuose alle rotonde. La mezzaluna sullo sfondo rosso è ovunque: alle finestre, nelle vetrine, sulle macchine. Rispetto ad Istanbul molti più foulard di seta coprono il capo delle donne e non troverete cafè o ristoranti che servano bevande alcoliche.

Nelle aiuole ai lati delle strade, sui prati curatissimi, la gente siede spesso in gruppetti e aspetta. Cosa aspetti non l’ho mai capito, ma aspetta per ore e ore. Sembra quasi che per alcuni tutto scorra lentamente o che il tempo non sia un aspetto poi così importante.

gelato turco

Kahramanmaraş:venditore di dondurma, il gelato che sfida la gravità

Ad ogni angolo grandi cartelloni ed insegne mi ricordano che qui siamo nella patria del Dondurma. E sì, il famoso gelato turco fatto con latte di capra e salep che si mangia con coltello e forchetta nasce proprio qui. Servito ricoperto da una granella di pistacchio, fa capolino in ogni ristorante e caffetteria accanto a baklava ed altri dolci turchi appena sfornati che inebriano l’olfatto con il loro profumo di miele e pasta kadayıf.

L’ospitalità in Turchia

La cultura dell’ospitalità in Turchia ruota intorno ad un bicchierino di tè bollente. Non vi è luogo dove non si venga accolti con il çay. Gesto di benvenuto e di accoglienza per eccellenza, il çay unisce persino nella diversità linguistica.
È così che a Maraş, più che in ogni altro luogo in Turchia, ho scoperto il calore e l’ospitalità del popolo turco attraverso un tè dal sapore deciso servito in un bicchierino di vetro a forma di tulipano accompagnato da 2 piccole zollette di zucchero. Niente latte o limone, non siamo inglesi.

Il tè turco

Il çay è ospitalità

Çay forse è stata la prima parola turca che ho imparato, seguita da yavaş yavaş (molto lentamente) perché il çay si sorseggia lentamente e si continua a bere anche quando è diventato freddo. Non esagero dicendo che il çay  scorre a fiumi nella vita dei turchi e che a Kahramanmaraş raggiungo anche 10-15 bicchierini in una giornata. Ovunque si vada è un rito sentirsi domandare se si desidera un bir bardak çay (un bicchiere di tè) e pur avendone già bevuto un notevole numero è cortesia accettarlo come se fosse il primo della giornata.

Ogni volta che un viaggio in Turchia volge al termine, ripenso al timore con cui sono arrivata  la prima volta. Non la conoscevo e non ne avevo ancora percepito il fascino. Mi separo dalla Turchia con nostalgia, almeno fino al seguente viaggio.
Hoşça kal Türkiye!