Cosa vedere a Budapest in 3 giorni
Last Updated on 3 Febbraio 2022 by Simona Viaggia Come Il Vento
Non so se sia stato per i nomi delle strade che, per una persona a completo digiuno di ungherese come me, sembravano più o meno gli stessi oppure perché Budapest in realtà è il labirinto del Minotauro ma io nella capitale magiara mi sono persa tantissimo.
E se da un lato questa cosa ci ha permesso di scoprire luoghi che diversamente avremmo perso o saltato causa mancanza di tempo dall’altra ci ha impedito di sfruttare quella meravigliosa SPA gratuita sul terrazzo del nostro hotel che contavamo di goderci dopo una giornata al freddo.
Ma sto correndo troppo. Torniamo indietro. Arriviamo a Budapest con quasi 2 ore di ritardo. Tra il cambiamento di orario del volo ed il ritardo quasi temiamo che il nostro viaggio vada in fumo. Ed invece sotto di noi finalmente Budapest avvolta dal crepuscolo ed illuminata dalle luci di migliaia di lampadine.
Per arrivare al nostro hotel che si trova nel distretto VII decidiamo di ricorrere ai minibus della MiniBud. Il tempo che si riempia di altri turisti con gli alloggi nella nostra zona e si parte. Grazie al cielo la nostra è la seconda fermata e in mezz’ora siamo al nostro hotel dove siamo accolti con una bottiglia di spumante in camera. Non male come inizio!
Nel giro di un’ora siamo per strada. Il nostro hotel si trova a pochi minuti a piedi da Erzsébetváros, il quartiere ebraico, forse la zona più eclettica di Budapest con le sue strette viuzze e gli innumerevoli bistrot e bar. Ci fermiamo a cenare in una accogliente BBQ House dove facciamo la conoscenza con i nostri primi piatti della cucina ungherese.
Gironzoliamo alla scoperta del quartiere. Le strade sono deserte e semi buie, notiamo la presenza di tanti piccoli bar nei sottoscala. Cominciamo a familiarizzare con i nomi delle strade Wesselényi Utca, Dohány Utca, Királi Utca.
Dalle semitenebre delle stradine laterali, tutte uguali e in apparenza anonime, si torna alla luce sull’Erzsébet Krt con i suoi palazzi del XIX secolo tra cui spicca quello del New York Palace Hotel in si mescolano stili diversi dando vita ad uno squisito edificio in Art Nouveau che ospita al piano terra forse uno dei Cafè più famosi di Budapest: il New York Cafè con i suoi affreschi di fine secolo, gli enormi lampadari di cristallo, le colonne di marmo. Benvenuti nella Belle Époque magiara.
Cosa vedere a Budapest
Buda
La nostra prima mattina a Budapest inizia con una ricca colazione nel giardino d’inverno del nostro hotel. Niente neve o pioggia all’orizzonte nonostante il cielo grigio. Ci aspettano finalmente Buda ed il Danubio. Avete presente lo stato di eccitazione di quando siete impazienti di scoprire luoghi di cui avete visto milioni di foto meravigliose? Ecco, sono proprio in quella fase!
Decidiamo di arrivare con la metro sulle colline di Buda per poi scendere lentamente verso il Danubio. Prendiamo la M2 e scendiamo alla fermata Széll Kálmán Square, la più profonda delle stazioni della città. Devo ammettere che alcune delle fermate della metro di Budapest sono davvero in profondità e la discesa con le scale mobili fa una certa impressione.
Dalle parti della piazza c’è un mercato, il più popolare di Buda, e così decidiamo di farci un salto prima di girare per il quartiere del castello non prima di aver chiesto informazioni.
Una breve digressione: chiedere indicazioni a Budapest, almeno per quella che è stata la nostra esperienza, è come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump: non sai mai chi ti capita! Giovani indubbiamente gentili, un po’ meno il resto della popolazione che più che fredda (il che ci può stare) mi è sembrata scorbutica. Ci siamo visti chiudere in faccia le porte degli autobus appena ci avvicinavamo per chiedere informazioni, guardare male dai camerieri per aver chiesto di sederci ad un tavolo diverso da quello indicato o riprendere dal tassista per aver aperto una fessura del finestrino in un taxi versione sauna.
Ma torniamo a Buda! Il Fény Utcai Piac sicuramente non ha il fascino del più famoso Vásárcsarnok che visiteremo in seguito ma forse, proprio per questo motivo, ha conservato il suo carattere di mercato rionale con un’anima prettamente agricola. Qui infatti si può trovare la più grande scelta della città di prodotti bio e a denominazione di origine protetta. Se avete un po’ di tempo a disposizione passeggiate tra le bancarelle, fermatevi a mangiare un lángos in uno dei locali ospitati all’interno del mercato oppure comprate magari una bottiglia di pálinka, la grappa locale.
Il bel Danubio blu
Percorriamo in modo del tutto casuale le strade in direzione Danubio. Ecco che d’un tratto compaiono di fronte a noi le guglie neogotiche del Parlamento. Siamo sulle sponde del fiume che più di ogni altro è stato al centro della vita sociale e politica di diverse nazioni.
E’ stato giungendo qui, con una vista da cartolina sul maestoso ed imponente edificio che ospita l’assemblea nazionale di Ungheria, che ho pensato che Budapest è probabilmente la città più pittoresca e fotogenica mai vista finora. Un pensiero che ha continuato ad accompagnarmi mentre estasiata mi godevo la vista su Pest da Várhegy, la Collina del Castello.
Non storcete il naso per il termine che sto per usare, ma Budapest è una di quelle città assolutamente instagrammabili.
Passeggiamo lungo la sponda del Danubio per circa 2 km quasi in solitudine, a parte le macchine, incontriamo davvero pochi pedoni.
D’altra parte fa particolarmente freddo e i battelli che accolgono i turisti di sera per romantiche serate sul fiume non sono ancora in servizio.
Ne approfittiamo per scattare un numero indefinito di foto al Parlamento e al Ponte delle Catene da tutte le angolazioni possibili. Giungiamo finalmente alla base del ponte.
Salite le scale la solitudine ed il silenzio che ci avvolgevano improvvisamente lasciano il post al caos e ad una fiumana di gente che si dirige verso la funicolare che conduce al castello.
Il Castello
É in questo esatto momento che ci rendiamo conto che la nostra idilliaca idea di una Budapest non dico tutta per noi ma sicuramente non stra affollata si infrange miseramente. Ok, mi direte che non potevamo pretendere altro andandoci in pieno periodo natalizio, ma non credevo mi sarei sentita come a Piccadilly Circus!
Giungiamo alla Budavári Sikló, la funicolare, che in poco più di un minuto copre un dislivello di 50 metri conducendo al castello.
Non so perchè ma nella preparazione del viaggio l’avevo inserita tra le cose da fare assolutamente. Forse ero attratta dall’aria retrò delle cabine o era solo la mia pigrizia a volermi far risparmiare qualche km in salita. Fatto sta che, giunti lì, vista l’incredibile fila, per forza di cose abbiamo dovuto rinunciarvi.
Per tutti gli Dei dell’Olimpo, grazie per questo inconveniente!!
A parte che il tratto per giungere al Palazzo Reale è davvero breve e la salita affatto pesante, ma per la vista di cui si può godere durante tutto il percorso vale la pena rinunciare alla funicolare.
Durante la breve passeggiata non ho potuto fare a meno di fermarmi per ammirare la vista di insieme di Buda e Pest separate dal Danubio con i tetti spioventi, le guglie ed i ponti sullo sfondo fino poi ad arrivare alla passerella situata sul percorso della funicolare da cui si ha l’impressione di poter riconoscere ogni singolo veicolo attraversante il Ponte delle Catene. Lasciate perdere la funicolare e godete dell’incredibile panorama dalle più disparate angolazioni.
Accanto al Palazzo Reale troneggia sulla collina la statua bronzea di un Turul, una sorta di falco che, ad ali spiegate, stringe tra gli artigli una spada. Non è una immagine insolita da incontrare in Ungheria.
Si tratta di una figura mitologica assai diffusa nelle leggende magiare, parte stessa dell’identità ungherese. Il Turul è una sorta di messaggero divino. Si narra che che apparve in sogno ad Emese per annunciarle che avrebbe dato origine ad una grande dinastia dei re, quella di una delle 7 tribù magiare. Questo uccello ha un alto valore simbolico ed identitario per gli ungheresi e veglia sulla nazione
Long live the Hungarians, never let them fall!The turul bird guards its nation and defends them from all.
Il Castello di Buda, comunemente noto come Palazzo Reale, ci appare in tutta la sua magnificenza al termine della salita. In stile neo barocco con una facciata di un qualche centinaio di metri che difficilmente può passare inosservata, nel corso dei secoli è andato incontro a diversi lavori di ricostruzione che ne hanno cambiato lo stile e le dimensioni ripetutamente: romanico, poi gotico, successivamente in stile rinascimentale ed infine barocco.
Distrutto in una dura battaglia tra la Wehrmacht e l’Armata Rossa, la travagliata storia del Palazzo si è conclusa con la ricostruzione nel dopoguerra. Certo ben poco è rimasto di autentico ma resta uno dei panorami più belli della città soprattutto di sera quando illumina lo skyline di Buda.
Al suo interno ospita la Galleria Nazionale Ungherese, la Biblioteca Nazionale Széchenyi e ovviamente il Museo del Castello. Noi saliamo dalla Scalinata degli Asburgo e di qui comincia la nostra serie infinita di scenari mozzafiato su Pest…che tuttavia dovremo sudarci a suon di gomitate.
Nel frattempo siccome siamo in giro da parecchie ora e cominciamo a sentirci congelati decidiamo di fermarci per una cioccolata calda in uno dei café all’interno della città antica. Certo sarebbe bello potersi fermare alla famosa Pasticceria Ruszwurm, ma non si trova un posto nemmeno a pagare e così ci fermiamo al Korona Kávéház dove riusciamo a conquistare un tavolino.
Ritorniamo alla scoperta della città all’interno delle mura: casette colorate, strade di ciottoli di epoca medievale, un’atmosfera più raccolta che ci fa sentire a centinaia di km lontani dal caos della capitale. Prendiamo la Tóth Árpád stny, la strada a ridosso delle mura medievali sul lato occidentale della collina. È una bella passeggiata sotto alberi di castagno che corrono davanti a palazzi eleganti e cannoni di tempi lontani.
Ci viene incontro un labrador nero come il mio Mario e diventa l’occasione per farci una bella chiacchierata con la sua padrona, una signora ungherese che scopriamo vivere diversi mesi all’anno a Roma. Questo sarà l’unico vero contatto che avremo con un local e lo dico con un po’ di dispiacere perchè l’interazione è uno degli aspetti che amo di più di un viaggio.
Lasciamo la quiete di questa strada verso l’Halászbástya, il Bastione dei Pescatori. Vediamo svettare verso il cielo le guglie gotiche della Chiesa di San Mattia.
Quello che mi colpisce immediatamente, al di là dello stile gotico che esercita sempre un certo fascino su di me, è il bellissimo tetto ricoperto con piastrelle di ceramica Zsolnay, la più famosa fabbrica dell’impero austro-ungarico. Una ceramica frutto della fusione tra arte ottomana e folklore magiaro. Ritroveremo ancora questa ceramica ornamentale come copertura del tetto del famoso mercato al coperto Nagyvásárcsarnok.
La chiesa durante l’occupazione turca fu trasformata in moschea e tutti i suoi interni furono o distrutti o portati via ed altari e dipinti furono completamente imbiancati. Dopo l’assedio di Buda non rimasero tracce della presenza ottomana e San Mattia fu ricostruita per essere poi restaurata in stile gotico qualche secolo più tardi.
Testimone di incoronazioni, battesimi e matrimoni reali oggi nella chiesa hanno luogo cerimonie e concerti. Questa sarà la zona della Collina del Castello che mi resterà più impressa, anche perchè San Mattia è incastonata nella cornice del Bastione dei Pescatori.
Ecco il Bastione, finalmente. Benvenuti nel mondo delle fiabe. Perchè questa è la prima impressione che fa Halászbástya, il Bastione dei Pescatori (capite perchè il mio cervello è andato in tilt? nessuna somiglianza con parole note, nulla di simile all’indoeuropeo). Fotografato, instagrammato, forse l’immagine più iconica di Budapest.
E dal vivo non delude affatto se non fosse solo per quelle centinaia di persone che lo affollano.
Sebbene il suo aspetto non lo dimostri, il Bastione, come molti altri simboli di Budapest, è relativamente recente.
E’ stato costruito infatti tra il 1895 ed il 1902 in occasione delle celebrazioni per il millesimo anniversario dello stato ungherese. In questa zona, prima che la costruzione avesse inizio, si teneva il locale mercato del pesce. Ma non è detto che l’origine del nome sia legata al suo utilizzo. L’ipotesi più probabile è sia stato dedicato ai pescatori di Viziváros, la zona sotto le mura, che in tempo di guerra avevano difeso le mura della città.
Le 7 torri di questo punto di osservazione hanno un significato storico molto importante in quanto rappresentano le 7 tribù magiare dalle quali si è originata l’Ungheria. Dal momento che, quando il bastione è stato costruito, la funzione difensiva del castello era venuta meno, invece di farne una struttura fortificata si è preferito conferirgli un’atmosfera romantica da castello delle fiabe con una terrazza panoramica a disposizione di tutti. E così è.
Si può passeggiare sotto le arcate, salire sulla parte superiore e fermarsi nelle torrette. Fermatevi qui, prendetevi un po’ di tempo e godetevi il panorama più bello di tutta Budapest.
A completare il panorama della collina del Castello, tra la Chiesa di San Mattia ed il Bastione dei Pescatori, si erge la statua di Stefano I il Santo, primo re di Ungheria, che condusse il popolo magiaro alla conversione al cristianesimo.
Ma tra gli incontri in questa zona non posso non parlarvi di un personaggio insolito in cui ci siamo imbattuti.
Essendo il mio compagno sardo non potevamo non esserne incuriositi vista la sua somiglianza con le famose maschere sarde. Queste maschere ungheresi con facce di legno e coperte da lana di pecora dall’aspetto un po’ inquietante si chiamano busós e sono le figure centrali della festa di Busó (Busójárás) che ha luogo a fine febbraio a Mohács. La festa che dura 6 giorni segna la fine dell’inverno.
Curiosa è anche la leggenda intorno a queste maschere. Durante la dominazione turca, gli abitanti di Mohács furono costretti a trovare rifugio nelle paludi e nei boschi circostanti per sfuggire alle truppe ottomane. In una notte tempestosa apparve un cavaliere mascherato che ordinò agli abitanti di indossare maschere spaventose, di prendere armi ed oggetti facendo grande fracasso e di ritornare a Mohács. I turchi terrorizzati dalle maschere e dal rumore temendo di essere attaccati dai demoni fuggirono dalla città.
Girando per Budapest vi capiterà spesso di imbattervi in queste strane figure o di trovarne le maschere nei negozi di souvenir.
Ma il tempo é tiranno e ahimè dobbiamo dire addio a questa atmosfera sognante per proseguire il nostro giro. Stavolta niente metro. Attraversiamo il famoso Széchenyi lánchíd, il Ponte delle Catene, il più antico di Budapest. Pensate che la sua costruzione risale appena alla fine del 1800. Prima di allora l’unico collegamento tra Buda e Pest era un sistema di chiatte che durante gli inverni rigidi risultava spesso essere inutilizzabile.
Fu proprio l’impossibilità di andare a Buda e di lì raggiungere Vienna dove il padre era morto a spingere il conte Széchenyi a commissionare e finanziare la costruzione del ponte. Distrutto come tutti gli altri ponti di Budapest durante la seconda guerra mondiale, nel 1949 fu restituito alla città in tutto il suo splendore (serale soprattutto).
Negli ultimi 3 anni, da metà luglio fino alla prima settimana di agosto, il ponte é stato trasformato in uno spazio pedonale in cui si si sono svolti lezioni di yoga, workshop teatrali, concerti e altri eventi. Chissà se l’iniziativa si ripeterà nel 2019!
È tempo per noi di goderci un po’ di atmosfera natalizia. In fondo siamo venuti a Budapest per questo: i mercatini natalizi. La nostra scoperta della città deve aspettare un po’. A partire dalla Chiesa di Santo Stefano si diramano in tutte le strade casette di legno con addobbi natalizi, oggetti in legno, prodotti tipici e tanto altro e ovviamente stand per golosi. Siccome siamo sostenitori delle cattive abitudini ad ogni latitudine è arrivato il momento per noi di testare le bontà ungheresi.
Ovviamente non possiamo non cominciare dal piatto nazionale: il gulash che gustiamo in una pagnotta. Esame superato a pieni voti. E per riscaldarci continuiamo con le cattive, cattivissime, abitudini prendendo il Forralt Bor, il vin brûlé versione ungherese ad alta, altissima gradazione alcolica. Uhhh se ci danno dentro! Cannella, zenzero, scorza d’arancia, cardamomo, anice stellato, zucchero, miele e chiodi di garofano e tanto tanto alcol. Vino ma anche rum. L’aria è permeata da un’inebriante profumo che quasi ti stordisce tanto è pungente
Cosa vedere a Budapest
L’Holocaust Memorial Center
Siamo ancora in tempo per un ultimo appuntamento prima di tornare in hotel: l’Holocaust Memorial Center.
Ci infiliamo in un taxi perché il centro si trova un po’ defilato rispetto alle zone più turistiche. Al nostro arrivo è già quasi buio. Siamo solo noi e pochi altri visitatori.
Il percorso si snoda, volutamente in penombra, attraverso una serie di corridoi e sale con pannelli espositivi mentre in sottofondo, riprodotto, rieccheggia il rumore dei passi dei soldati tedeschi in marcia. Una sensazione di inquietudine ci penetra nelle ossa.
From Deprivation of Rights to Genocide, questo è il nome dell’esposizione permanente, è un viaggio attraverso gli eventi storici che portarono dapprima alla perdita dei diritti degli ebrei ungheresi fino all’applicazione della soluzione finale con la partenza per Auschwitz del primo treno di deportati da un campo vicino Budapest nell’aprile del 1944, poco dopo l’occupazione tedesca.
Un nuovo luogo della memoria, ma ancora le stesse sensazioni di incredulità e di indignazione mi pervadono. Sentimenti che mi sconvolgono ma che mi danno la consapevolezza di essere una persona che non smetterà mai di indignarsi per le aberrazioni dell’umanità.
Passeggiamo nel cortile del centro dove le dita scivolano lungo i nomi incisi sul Memorial Wall of Victims, il muro di vetro altro 8 metri dedicato alla memoria di tutti gli ebrei ungheresi che persero la vita nei terribili anni del nazismo. Spazi vuoti commemorano le migliaia di vittime senza nome. Non lasciate il centro prima di aver visitato la Sinagoga, non è bella come quella in via Dohány ma resterete comunque affascinati dai suoi colori.
Durante la nostra permanenza a Budapest incontreremo spesso testimonianze a ricordo delle vittime ebree ungheresi. Come le pietre d’inciampo che scopriremo del tutto casualmente girando per il ghetto ebraico o il muro commemorativo in Dohány utca che ricorda i bui momenti della creazione del ghetto, la morte e la rinascita del quartiere.
Vi dico subito che non siamo stati al memoriale Le Scarpe sulle Rive del Danubio. Sapevamo che, persi tra la moltitudine di turisti intenta a fotografare l’opera, ci sarebbe mancato il momento riflessivo che luoghi come questo trasmettono.
Quel treno per Budapest, i Chan e George Clooney
Il giorno seguente, complici la “breve” (si fa per dire, sono pur sempre 250 km) distanza e dei biglietti delle ferrovie austriache in offerta deciamo di fare un salto a Vienna per vivere l’esperienza natalizia dei suoi numerosi Weihnachtsmarkt.
Il treno del ritorno ci regala una sorpresa inaspettata nell’incontro del tutto casuale con una famiglia malesiana, i Chan. Il treno è strapieno e siamo costretti a prendere posto nel vagone ristorante. Siamo i primi ma di lì a breve si riempirà completamente diventando un allegro e chiassoso bar su rotaie.
Il tavolo accanto al nostro viene occupato da una famiglia di quattro persone della Malesia. Con nostra grande sorpresa si rivelano subito molto socievoli e chiacchieroni. Grandi amanti dell’Europa sono continuamente in giro per il nostro continente. Ling, la più loquace, un fiume in piena, ad un certo punto si ferma osservando la mia metà e dice: “Assomigli a quell’attore americano famoso. George Clooney. Se venissi in Asia sono sicura che le donne impazzirebbero per te”
Da qui in poi, tra tante risate, le due ore e passa di treno voleranno in un lampo. Sia chiaro che ho detto alla mia metà che si può scordare che lo porti in Asia.
Strano come a volte si riesca ad entrare immediatamente in sintonia con dei perfetti sconosciuti. Mentre ci allontaniamo sui binari, la piccola Khloey, stesso sguardo vivace e movenze aggraziate da ballerina di mia nipote, mi chiama e mi corre incontro per un ultimo abbraccio. Sono momenti come questi a rendere ogni viaggio speciale.
Col senno di poi avremmo prolungato la nostra permanenza a Budapest di un altro giorno per poter vedere molto di più, ma va bene così. A volte bisogna pensare più a godersi fino in fondo i momenti e le emozioni che un viaggio può regalarci che a vedere tutto.
E’ esattamente questa la decisione che ci spinge a cambiare i nostri programmi del nostro ultimo giorno nella capitale magiara. Abbiamo macinato km nel nostro primo giorno tra Buda e Pest, poi a Vienna e vogliamo prendere un po’ fiato. Ci diciamo che è pur sempre una vacanza e che abbiamo già le nostre giornate lavorative frenetiche a stressarci. ADDIO ai nostri piani pertanto! Gli unici punti fermi restano la visita al Vásárcsarnok, il mercato centrale, ed alla Grande Sinagoga di Budapest con il ghetto. Quello che sarà sarà.
Cosa vedere a Budapest
Pest ed il quartiere ebraico
In hotel ci hanno consigliato di visitare il Nagy Vásárcsarnok di prima mattina per evitare l’affollamento dei turisti e non ce lo facciamo ripetere due volte.
Arriviamo alla stazione Fővám tér che sono passate da poco le nove. Non ci si può sbagliare. L’ingresso del mercato è proprio davanti a noi con i suoi mattoncini gialli e arancioni, le arcate, le guglie ricoperte di piastrelle di ceramica Zsolnay. Non so voi ma io ho un debole per questo genere di mercati al coperto dall’aspetto retrò ed il Vásárcsarnok ha fascino da vendere!
La costruzione di questo bel mercato terminò nel 1897 ma, pensate, appena 2 settimane prima dell’inaugurazione un incendio lo devastò rimandandone l’apertura. Tutto del mercato richiama alla Belle Époque. Enormi travi nere, eleganti ringhiere ed archi in ferro, grandi finestre in vetro da cui si irradia la luce.
Dislocato su 3 livelli di cui uno seminterrato, il Vásárcsarnok è un mercato molto turistico ma se siete golosi come lo siamo noi troverete sicuramente diverse specialità ungheresi da portare a casa.
Un colore predomina su tutti ed è il rosso della spezia più importante d’Ungheria, la paprika.
Collane di peperoni, paprika in polvere o in tubo, davvero ce n’è per tutti i gusti. E se avete un po’ di tempo potete lasciarvi spiegare dai venditori le dierse tipologia di paprika: dolce, forte, piccante, delicata, leggermente pungente, abbastanza piccante. Ce ne sono circa 8 varietà, lo avreste mai detto?
Il pianterreno è diviso più o meno equamente tra negozietti di frutta e verdura e macellerie. E qui davvero avete solo l’imbarazzo della scelta sulle specialità (che io chiamo ciccioserie) da portare a casa. Dai salumi più comuni di maiale, manzo e agnello speziati, alle salsicce di mangalica, una razza suina tipica ungherese, ed al foie gras, di cui ho scoperto l’Ungheria essere il secondo produttore mondiale solo dopo la visita al mercato.
Nel seminterrato vi incuriosiranno le artistiche disposizioni di barattoli di sottoaceti. Ve ne sono per ogni sorta di verdura e potreste non resistere alla tentazione di portarvi un coloratissimo barattolo a casa. Il secondo piano è quello che, in tutta onestà, mi ha deluso di più. In teoria dovrebbe essere quello con i prodotti artigianali: pizzi, merletti, ceramiche ed oggetti in legno ma ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte a produzioni industriali e non garantisco nemmeno di origine ungherese.
Il ghetto ebraico
Lasciamo il mercato alla volta del ghetto ebraico. E’ la zona di Budapest più vicino al nostro hotel ed anche quella che abbiamo vissuto di più di sera tra pub e ristoranti e siamo curiosi di vederla sotto un’altra luce. Peccato solo che saremo accompagnati per tutto il resto della giornata da una pioggia fittissima.
Siamo nel cuore di Erzsébetváros, la città di Elisabetta, il VII distretto di Budapest. Per decenni il quartiere ebraico, un quadrilatero racchiuso tra Káróly körút, Erzsébet körút, Dohány utca e Király utca, è stato in completo stato di abbandono con edifici fatiscenti e mezzi diroccati fino a che è tornato alla vita trasformandosi nella zona probabilmente più stravagante della città.
Non aspettatevi stradine medievali, sanpietrini e casette colorate. Non troverete nulla di tutto ciò e, soprattutto, è lontano anni luce dalle atmosfere fiabesche respirate sulla Collina del Castello. Ha un’identità tutta sua e, credetemi, attraversando le sue vie, nonostante la vitalità che si respira, riuscirete a percepire la malinconia di un quartiere che ha vissuto sulla propria pelle una delle pagine più brutte della storia.
Nel quartiere ebraico si trova di tutto: edifici in stile liberty e neoclassico, ruins pub, case malconce e facciate fatiscenti, negozietti eccentrici, ristoranti kosher, cortili che nascondono, a sopresa, localini underground, sinagoghe e street art.
Street art. Non potete capire quale enorme sorpresa sia stata scoprirne di ogni tipo e nei luoghi più improbabili. Così passeggiare tra le strade del quartiere è stato come fare un tour in una galleria d’arte contemporanea a cielo aperto. Spettacoli circensi, enormi cubi di Rubik (lo sapevate che Rubik era ungherese? io assolutamente no!), la copertina di Man of the Year del Time del 1957 dedicata ai combattenti della rivoluzione ungherese, Elisabetta, la regina preferita degli ungheresi: le tristi facciate di palazzoni spogli sono risorte a nuova vita, soprattutto grazie al progetto di promozione della street art Színes Város.
Ecco, Kazinczy utca è una di quelle strade in cui siamo finiti del tutto casualmente mentre, nonostante una mappa in mano, ci perdevamo beatemente come pinguini all’equatore. Era tra le tante cose che mi ero segnata ma era finita nella lista dei “vedremo se ci sarà tempo”.
Questa strada ospita la Sinagoga Ortodossa ma anche due dei luoghi che, secondo me, vale la pena assolutamente visitare. Uno al numero 14 e l’altro al numero 18.
Il primo è lo Szimpla Kert, il ruin pub più famoso di Budapest. Quando l’ho visto con la sua facciata un po’ sgangherata e la moltitudine di oggetti colorati oggetti appesi al balcone ho pensato che fosse uno dei tanti edifici diroccati ed occupati che si trovano spesso nelle grandi città. Poi ho visto il cartello giallo appeso davanti alla porta e tutto mi è stato chiaro!
L’interno non tradisce l’immagine esterna nel senso che non ci si può aspettare un elegante pub! Lucine colorate, oggetti di ogni tipo sparsi casualmente, ogni centimetro delle pareti occupato da scritte, disegni, un numero incredibile di sale divise tra 2 piani. Per un attimo mi è sembrato di tornare agli anni berlinesi del Tacheles.
Ma è poco più in là, al numero 18, il luogo in cui io e la mia metà, assaggiatori golosi e grandi mangioni, avremmo messo le tende. Ok, forse sto esagerando un po’ ma ci siamo tornati 2 volte in un giorno. Ho detto tutto.
Sto parlando del Karaván, un luogo imperdibile per gli amanti dello street food. Ogni chiosco ha una tipologia di cucina. Quella ungherese con lángos e kürtőskalács, quella messicana, italiana, thailandese, messicana e per non scontentare nessuno anche quella vegana.
Ognuno con la sua cucina, ognuno con prodotti diversi per non farsi concorrenza. Anche per gli alcolici c’è un chiosco apposito, come mi dirà il ragazzo del chiosco thai quando gli chiedo una birra. PS non lasciatevi incuriosire dalla birra rosa del Karaván Drink Bar!
La Grande Sinagoga
E’ tempo finalmente di visitare Nagy Zsinagóga, la Grande Sinagoga, in Dohány utca. Il biglietto d’ingresso è un po’ alto (scontato del 10% se in possesso della Budapest Card, che noi non avevamo) ma onestamente credo che per la sua bellezza e la sua storia valga assolutamente la pena visitarla. Dopo un veloce controllo al metal detector accediamo alla sinagoga, non prima di aver indossato (il mio compagno) una kippah da tenere rigorosamente in testa durante tutta la permanenza nella sinagoga.
All’interno è possibile seguire dei tour guidati in italiano, inclusi nel biglietto di ingresso, attraverso cui si può scoprire la storia della comunità ebraica di Budapest durante il nazismo e saperne un po’ di più della sinagoga stessa che è la più grande d’Europa e la seconda al mondo. Quella di Budapest è una sinagoga assolutamente unica nel suo genere e si differenzia moltissimo tanto per la struttura che per il culto stesso dalle sinagoghe ortodosse.
La Nagy Zsinagóga infatti è una sinagoga neologa, una corrente progressista dell’ebraismo diffusa soprattutto in Ungheria, per cui entrando nell’aspetto vi ricorderà una basilica cattolica con tanto di organo e tavolo di lettura della Torah nella parte anteriore.
La sua costruzione, seguendo il progetto dell’architetto austro tedesco Ludwig Förster, risale al 1859 e denota chiaramente un’ispirazione allo stile moresco. Due alte torri con cupole a cipolla, mattoncini colorati nella struttura esterna mentre al suo interno tre navate, una cupola centrale, due piani in legno con gallerie e vetrate decorate.
La nostra guida è una signora ungherese che parla perfettamente italiano anche se parla come se avesse un nastro registrato in testa. Ma poco importa. La storia attorno al ghetto e alla sinagoga, nella sua enorme tristezza, resta l’elemento più importante.
Nel novembre del 1944 vivevano nel piccolissimo quadrilatero del ghetto 55.000 persone che nel gennaio del 1945 arrivarono a 70.000. Nel giro di pochi mesi a causa del freddo, della mancanza di rifornimenti, delle condizioni igieniche precarie nonchè della spietatezza dei nazisti migliaia di persone morirono di stenti nelle vie del ghetto non trovando nemmeno sepoltura. Migliaia di corpi rimasero per strada per settimane fino all’arrivo dei russi. Circa 2500 di questi martiri trovarono pace in 24 fosse comuni nel cortile della sinagoga.
All’aperto, superato il cimitero ebraico, si trova il parco memoriale Raoul Wallenberg, un nome che per gli ebrei ha un grande significato. Il diplomatico, chiamato lo Schindler svedese, salvò la vita di migliaia di ebrei per poi morire in un gulag russo nel 1947. Tra coloro che si onorano nel cortile della sinagoga vi è anche il nostro Giorgio Perlasca che, fingendosi un diplomatico spagnolo e rilasciando falsi salvacondotti, salvò 5.200 ebrei ungheresi.
Ma sono i rami cascanti di un salice piangente, l’Albero della Vita, a ricordare coloro che morirono per le strade del ghetto. Sulle foglie sono incisi i nomi dei martiri ebrei che trovarono la morte nel ghetto di Budapest e che sono seppelliti nel cortile. Questa opera struggente, chiamata anche Emanuel, è stata finanziata dal famoso attore Tony Curtis in onore di suo padre Emanuel, un ebreo ungherese.
Nella palazzina adiacente alla sinagoga, al secondo piano, si trova il Museo Ebraico Ungherese. Si tratta di un percorso attraverso le tradizioni ebraiche, gli oggetti di culto e la storia degli ebrei ungheresi culminata con le persecuzioni e la soluzione finale. A mio avviso questa parte andrebbe migliorata in quanto le didascalie a descrizione degli oggetti non sono sufficientemente informative per chi è a digiuno di cultura e tradizioni ebraiche. Nel sottoscala invece hanno luogo mostre fotografiche.
Belváros
Il tempo nella capitale sembra essere volato e sfruttiamo le ultime ore del pomeriggio per andare alla scoperta di Belváros, la Città Interna, il cuore pulsante di Pest. E’ qui che si trovano due dei luoghi più vivaci ed affolati: la Vaci Utca, la via dello shopping, e la Vörösmarty Tér, la piazza più famosa ed elegante di Budapest. Il nostro punto di partenza per ammirare queste eleganti vie è il Nagy Vásárcsarnok. Di qui infatti si può percorre tutta Vaci Utca con i suoi negozi di souvenir ed i ristorantini fino alla piazza.
Non è stata casuale la scelta del mercato centrale. A pochi metri infatti possiamo finalmente ammirare lo Szabadság híd, il Ponte della Libertà, avvolto da migliaia di luci. Il ponte fu costruito tra il 1894 ed il 1896 come parte delle celebrazioni per millennio dell’Ungheria. Chiamato prima Ferenc József híd in onore dell’imperatore, fu fatto saltare dalle truppe naziste nel 1945.
Acquisì il nome di Ponte della Libertà nel 1946 per celebrare la libertà dalla dittatura nazista con l’aiuto dell’Unione Sovietica. Allora nessuno avrebbe mai sospettato che i sovietici non avrebbero lasciato così presto l’Ungheria.
Passeggiamo lungo la Vaci Utca dove tra grandi catene di abbigliamento e ristoranti spiccano palazzi signorili. Gotico veneziano, un po’ di barocco, neoclassico, art nouveau. Ammetto che percorrendo di sera la strada illuminata dalle decorazioni natalizie mi è sembrato di perdermi la bellezza di alcuni edifici.
Giungiamo in una piazza Vörösmarty immersa in una sognante atmosfera natalizia. Il profumo di cannella nell’aria, biscotti allo zenzero, l’immancabile Forralt Bor. Qui sembra tutto molto più bello rispetto ai mercatini nello spazio antistante la Basilica di Santo Stefano. Una cascata di luci illumina l’ingresso del famoso Cafè Gerbeaud al numero 7. Un palazzo di 4 piani dalla facciata rinascimentale con al suo interno lampadari di cristallo, piani in marmo e teche in ciliegio con ben 170 anni di storia sulle spalle
Ci incamminiamo verso il nostro hotel con l’idea di sfruttare prima di cena la famosa SPA ma abbiamo la grandissima abilità di perderci a ripetizione nel nostro quartiere. Giriamo, e non sto scherzando, per un’ora a vuoto e questo nonostante una mappa e Google maps.
Come sia possibile lo sanno solo la penombra delle strade di Budapest, l’incomprensibile ungherese e le nostre scarse abilità di navigatori. Arriviamo in hotel giusto in tempo per uscire di nuovo e goderci la nostra ultima cena a Budapest in uno dei ristoranti più frequentati del quartiere ebraico.
Con un po’ di rammarico pensiamo a come siano volati velocemente i nostri due giorni a Budapest. Sono tante le cose che non abbiamo potuto vedere o fare, come vi sarete certamente accorti. Due fra tutti la visita al Parlamento e alle famose terme, che contavo di poter ammirare durante uno dei tour a cui è possibile partecipare. Da parte sua Budapest ci ha messo del suo!
È una città davvero molto più grande di quanto avessi immaginato e la cosa mi ha spiazzata non poco. Due mondi dalle diverse anime separati dal Danubio. Sì, col senno di poi avremmo prolungato la nostra permanenza o rinunciato alla nostra giornata a Vienna. Avremmo anche potuto correre come pazzi da un lato all’altro della città ma i viaggi non vanno forse assaporati lentamente?
Il New York Cafè è incredibile, mi ha lasciato a bocca aperta! Bellissimo, davvero: una simile scoperta ripaga anche delle rotture di scatole avute in precedenza! 😉
Io sono stato a Budapest 20 anni fa (20!) e ricordo di aver avuto la tua stessa impressione sulle persone: i ragazzi non vedono l’ora di darti una mano e fare conoscenza, gli adulti sono diffidenti e sempre di cattivo umore! Prova ad immaginare la funicolare piena di musoni e gente che sgomita: avete fatto proprio bene ad evitarla e salire a piedi, ragazzi! E la vista dal castello, ne vogliamo parlare? 😍
Ho fatto vedere a Kiki le foto dei mercatini e l’atmosfera natalizia di Budapest e credo di averla convinta: chissà che non si faccia anche noi il vostro stesso itinerario, con Budapest abbinato a Vienna!? Secondo me è stata un’idea vincente, anche se Budapest ha talmente tante cose da offrire, senza dimenticare le tappe culinarie, che come dici anche tu meriterebbe un po’ di più di un paio di giorni!
Niente però può essere paragonato all’abbraccio di Khloey: davvero sono queste le cose che rendono un viaggio qualcosa di unico, quelle emozioni che non possono essere comprate con un biglietto o prenotate per tempo. Quelle cose che succedono all’improvviso e rendono un luogo qualunque un posto che per noi resterà speciale.
Devo dire che il New York è il cafe più sfarzoso che abbia mai visto in tutta la mia vita! Allora non ho avuto solo io quell’impressione sulla simpatia dirompente ☺️ degli ungheresi.
A Budapest abbiamo mangiato davvero bene. Certo la paprika e lo spezzatino sono onnipresenti ma tutto sempre molto piacevole. La combinazione Vienna Budapest potrebbe essere un’ottima idea per un viaggio nel periodo natalizio, ovviamente avendo a disposizione molti più giorni dei nostri ☺️
Senza dubbio vi regalereste un’atmosfera natalizia sognante!
Grazie per aver letto come sempre!
Sì, non nego che l’incontro sul treno e quell’abbraccio sul binario come nei film è stata la parte più bella del viaggio!
Che beeeello! Quante cose hai visto! Chissà perche in questa città ancora non ci sono andata… me lo chiedo spesso, perchè sto leggendo articoli e vedendo foto che davvero fanno tenere la bocca aperta! Però, leggendoti, si capisce come davvero Budapest vada mooooolto al di là dello splendido parlamento, della classica foto di quell’immensità che si specchia nel Danubio… E, infine, fammi capire: la tua metà assomiglia a George…e non ce lo avevi mai detto?!?
😁😁😁😁 be io a questa somiglianza non ci avevo mai fatto caso! Immagina George Clooney versione molto barbuta. Comunque chiaramente resteremo lontani dall’Asia!!
Purtroppo in realtà so di aver visto pochissimo e me ne dispiace. Solo che davvero Budapest è molto dispersiva, a differenza di altre capitali più compatte dell’est. Incredibile la quantità di turisti, soprattutto italiani.
Merita davvero una visita per la sua bellezza ma se puoi evita i periodi delle feste!
Eccomi finalmente a leggere della tua esperienza, peccato non averla letta prima di partire io stessa per Budapest! Sai mi ritrovo in molte tue impressioni eccetto che per il discorso “simpatia” degli abitanti. Forse ho solo avuto fortuna ma sono stati tutti cortesi e non musoni. Però una cosa è vera, avevano tutti gli occhi tristi (!) Anche io sono rimasta sconcertata dal piano dei souvenir del mercato! Peccato perché bastava scegliere con oculatezza cosa esporre e non fare la solita accozzaglia di borse, calamite e robette per turisti. Quella maschera hahahaah pensa che da lontano io l’avevo scambiata per una persona seduta con una pelliccia d’orso polare…perdonami complice la neve! 😛
Ma per “uno dei ristoranti più frequentati del quartiere ebraico” intendi il Mazel?
Sono appena tornata e ora leggendo il tuo diario sai che già sento la mancanza della parola Utca? 😛
PS: e quindi tu te ne vai in giro per mezza Europa con uno che somiglia a Clooney?
Ma siete matti a non approfittarne per benefit in hotel, ristoranti ecc? Ma tu DEVI assolutamente andare in Asia! 😀
Bentornata Daniela! Sono sicura (e le foto viste lo confermano) che hai visto cose meravigliose e luoghi insoliti a Budapest e non vedo l’ora di leggerne!
Veramente giudizi contrastanti sulla simpatia. E ho tralasciato di raccontare la grazia con cui nella Grande Sinagoga hanno ripreso un signore che si era tolto la kippah. 😆
Comunque io glielo dico sempre alla mia metà che è un figo, forse ora mi prenderà sul serio 😊
Il ristorante nel ghetto è il Ghettó Gulyás dove siamo riusciti a conquistare un posto l’ultima sera previa prenotazione, dopo diversi tentativi.
Tu sei stata al Mazel?
Un abbraccio e aspetto di leggere le avventure dell’Orsa a Budapest! 😘😘😘
Da piccola ho visitato Budapest perché il paesino in cui vivo è gemellato con una cittadina lì vicino, ma devo assolutamente tornarci con Leo! Sul modo di dare indicazioni ai turisti nei diversi paesi potrebbe venirne fuori un articolo interessante… ricordo ancora le “2 cuadras” che si trasformavano in chilometri in Brasile!!! e rimanendo in tema Sud America, i Mohács assomigliano tantissimo alle maschere usate in Bolivia durante molte celebrazioni! ci sarebbe da indagare su questi legami a distanza!!! Ma il ragazzo che serve il Forralt Bor, ne ha forse bevuto troppo???😂 Che dire Simo, dopo questa gita piena di cose da vedere ci hai proprio fatto venire voglia di freddo e di queste atmosfere di città d’altri tempi!❤
Fiammetta ciao! Intanto non vedo l’ora di andare alla scoperta della Tasmania con voi! 🙂
Ma lo sai che per curiosità sono andata a cercare le maschere boliviane ed hai ragione. La somiglianza con i Busos è impressionante ed anche il costume in sé li ricorda. Certo che con il caldo australiano (ne stanno parlando anche qui) non ho dubbi che un po’ di voglia di freddo l’abbiate. Ma ora godetevi l’Australia che per il freddo avrete il prossimo inverno!
Un bacione