Cappadocia, terra di cavalli e di fate
Last Updated on 27 Settembre 2024 by Simona Viaggia Come Il Vento
La Cappadocia, plasmata nel corso di milioni di anni da madre natura e intrisa di misteri e antiche leggende, è una terra che strega e conquista.
È un territorio che emoziona quando lo si osserva. Non solo per le scenografiche mongolfiere che fluttuano dolcemente all’alba puntellando il cielo di lanterne, ma per le sue curiose formazioni rocciose che rendono il suo paesaggio unico al mondo.
Quando lo sguardo si perde all’orizzonte su pinnacoli, anfratti, rocce a forme di fungo, canyon delle più diverse tonalità gli occhi sorridono, si stupiscono e abbracciano la bellezza di una terra modellata da eruzioni vulcaniche, vento, pioggia e dal tempo in circa 10 milioni di anni.
La Cappadocia testimonia una storia atavica e millenaria in cui a parlare è la natura con le sue forme aspre e selvagge. Una natura a cui l’uomo nei secoli si è dovuto adattare. E così ecco che tra i pinnacoli sorgono villaggi, nel tufo si scavano chiese e negli anfratti si vive.
Malgrado il turismo rumoroso e patinato alla ricerca di immagini iconiche, la Cappadocia è uno di quei luoghi da visitare almeno una volta nella vita.
La storia della Cappadocia
La storia della Cappadocia si perde nella notte dei tempi. In milioni di anni segnati da terremoti, eruzioni vulcaniche e imponenti colate laviche ad opera dei vulcani Güllüdağ, Hasan ed Erciyes situati ai margini di questa regione. Nel corso del tempo gli strati di lava si sono raffreddati e solidificati e ad ogni nuova eruzione il territorio si è arricchito di una nuova stratificazione.
Il tufo creato dai depositi di cenere vulcanica, lava e basalto è stato modellato nei secoli dalla pioggia e dal vento dando vita a quello che è il paesaggio moderno. Un paesaggio in continua evoluzione.
I diversi colori e le molteplici forme della roccia sono come un libro e raccontano la storia dell’attività eruttiva in questa regione.
La Cappadocia è stata un crocevia di popoli e civiltà grazie alla sua posizione essenziale lungo la Via della Seta. Tra queste la più importante è stata quella degli Ittiti, ma a dare il nome alla regione sono stati i persiani. Katpatuka in antico persiano significa Terra dei bei cavalli. E in Cappadocia ne vedrete davvero tanti.
È sotto l’Impero Romano che in Cappadocia cominciano a stabilirsi i cristiani. Le tracce del mondo cristiano in questa regione sono numerosissime e di grande valore in termini di bellezza. Ne sono testimonianza le chiese rupestri. Il tufo facilmente modellabile fu salvezza per le popolazioni cristiane che trovarono rifugio nelle città sotterranee e nei monasteri scavati nella roccia.
Dopo l’XI secolo, la Cappadocia fu conquistata dai turchi selgiuchidi a cui seguirono gli ottomani e nella regione iniziò una convivenza tra cristiani e musulmani.
L’odierna regione della Cappadocia interessa ben 5 province turche: Kırşehir, Aksaray, Niğde, Kayseri e Nevşehir. È proprio in quest’ultima che si concentra il maggior numero di cavità, grotte e camini delle fate.
Un itinerario in Cappadocia…in ordine sparso
Göreme
Göreme dista solo 12 km da Nevşehir. La sua posizione nella regione la rende probabilmente la base perfetta per un viaggio in Cappadocia, soprattutto per quanto riguarda gli spostamenti.
Al mio arrivo mi affascina subito per i suoi numerosi hotel scavati all’interno dei camini delle fate. Osservandoli alla sera l’impressione è quella di trovarsi in un presepe a dimensione naturale. Nelle prime ore del mattino invece diventano lo splendido palcoscenico delle mongolfiere che fluttuano nel cielo. Così vicine da sfiorarli quasi.
Le strade di Göreme si inerpicano tra pinnacoli, hotel e abitazioni. Cani e gatti scorrazzano qua e là. Il viale principale che di giorno pare quasi anonimo, alla sera invece si trasforma diventando tutto uno scintillio di luci. Le insegne quasi accecanti dei ristoranti gli conferiscono un volto completamente diverso, quasi innaturale.
In questo Göreme mi è sembrata a tratti contraddittoria e forse un po’ prigioniera del turismo che ne snatura l’immagine. I quad e i defender fanno avanti e indietro lungo le strade durante il giorno e ci sono tour operator ad ogni angolo. Talvolta ho fatto fatica a distinguere l’anima genuina del luogo. Ma quei pinnacoli che di tanto in tanto emergono tra gli edifici, così come le montagne intorno, così chiare e levigate da sembrare panna montata, rendono Göreme comunque affascinante.
Sunrise Point
Uno dei luoghi in cui ho provato le sensazioni più intense a Göreme è stata la Lover’s Hill, più nota come Sunrise (e Sunset) Point.
È su quella collina che si sale all’alba per godersi lo spettacolo delle mongolfiere che si alzano in volo sulle valli ed è lì che si ritorna per ammirare il tramonto bevendo birra o vino caldo. Arrivarci è semplicissimo. Basta seguire la strada in salita che si snoda tra gli hotel. Non avrete problemi a trovarla perché c’è sempre un via vai di gente. Le sagome dei turisti che passeggiano in cima alla collina sono parte stessa del paesaggio.
Il mio cave hotel era proprio sotto la Lover’s hill, anzi in parte addirittura inglobato in essa. Mi sono bastati 5 minuti di cammino per raggiungerla.
L’accesso alla collina è a pagamento ma parliamo di poche lire turche. Una quisquiglia, direbbe Totò.
Dalla Lover’s Hill la vista su Göreme e sulle valli circostanti lascia senza fiato. C’è la cittadina con i suoi edifici, le moschee e i minareti e poi c’è la distesa delle montagne e delle valli che sembrano accavallarsi le une sulle altre.
La prima emozione si vive con i colori dell’alba. Con l’orizzonte segnato dalle mongolfiere che fluttuano dolcemente nel cielo.
I raggi di sole colorano di oro i camini delle fate e le valli mentre i cani randagi (assolutamente, e sottolineo, assolutamente innocui) si rincorrono e giocano fermandosi di tanto in tanto ad osservare quegli enormi palloni all’orizzonte, quasi rapiti dalla stessa meraviglia che proviamo noi esseri umani di fronte allo spettacolo.
Ci sono centinaia di persone, eppure sembra tutto così raccolto e ovattato.
Il silenzio è rotto solo dai bruciatori delle mongolfiere che ogni tanto sputano fuoco e dai saluti e dalle grida di gioia dei loro passeggeri.
Quando il sole, come una palla di fuoco, appare d’un tratto alle spalle delle mongolfiere, un unico grido di stupore si libera nell’aria. Su quella collina all’alba si diventa parte di un rito collettivo.
Al calar del sole lo spettacolo, se così si può chiamare, è diverso ma altrettanto coinvolgente. È un nuovo gioco di colori, di note che colpiscono i sensi.
È la natura senza orpelli che ci ricorda che la sua arte non necessita di artifici. La distesa di rilievi si tinge delle gradazioni del lilla e del rosa, mentre sulla città, nel silenzio, si alza come un canto il richiamo alla preghiera del muezzin della vicina moschea. Il sole che tramonta sul castello di Uçhisar, dominatore del panorama, regala le ultime emozioni prima che il buio avvolga tutto.
Göreme Open Air Museum
Il sito archeologico, un insediamento rupestre situato in una valle a 2 km da Göreme, è uno dei complessi monastici più importanti ed è un luogo straordinario in termini di bellezze naturali e storia. Alla fine del II sec. d.C. in Cappadocia esisteva un numero significativo di comunità cristiane. I più importanti centri episcopali del tempo erano Malatya e Kayseri. Quest’ultimo mantenne per secoli la sua importanza come centro cristiano grazie al ruolo svolto da San Basilio il Grande, arcivescovo di Kayseri, che nel IV secolo diede una nuova forma alla dottrina cristiana nella regione.
Il museo è costituito da monasteri, chiese e cappelle, così come da cucine, mense, sale comuni e altri spazi scavati nella roccia. Qui furono insegnate per la prima volta le idee di San Basilio che, prima della sua nomina ad arcivescovo di Kayseri, visse a Göreme un’esperienza monastica. Fu così che dal IV secolo d.C. al XIII secolo a Göreme vi fu un’intensa vita monastica che apportò molte innovazioni al pensiero cristiano.
Nei dipinti murali delle chiese troviamo due diverse tecniche decorative. Gli affreschi dipinti direttamente sulla roccia utilizzando ocra rossa e le scene di vita di Gesù e di altri soggetti della Bibbia raffigurati su una miscela di intonaco.
Tra gli edifici aperti ai visitatori ci sono la Cappella di San Basilio, la Chiesa di Elmalı, la Chiesa di Santa Barbara, la Cappella di Santa Caterina, la Chiesa di Çarıklı e la Chiesa di Tokalı, la Chiesa di Yılanlı, il Convento delle Monache e la Karanlık Kilise (la Chiesa Buia) probabilmente l’edificio con gli affreschi più belli del museo a cielo aperto.
L’origine del nome della Karanlık Kilise è legata al fatto che solo una flebile luce penetra al suo interno attraverso una finestrella. È proprio questa sua caratteristica ad aver preservato i colori degli affreschi. L’ingresso alla chiesa richiede un biglietto aggiuntivo ma ne vale assolutamente la pena. Resterete ammaliati dalle sue ricche decorazioni e dai vividi affreschi. Non immaginavo di vederne di così belli in una chiesa rupestre.
La valle che accoglie il complesso monastico è davvero suggestiva. Non si fa fatica a credere che l’atmosfera mistica di cui sono permeati tali luoghi abbia contribuito a rendere queste valli il centro spirituale della regione.
Uçhisar
Il villaggio di Uçhisar, noto per il suo castello in tufo che domina il panorama della regione, sorge a pochi km da Göreme e si può raggiungere facilmente con l’autobus con poche lire turche. I mezzi partono dalla stazione degli autobus che si trova in centro.
Sebbene nemmeno Uçhisar sfugga al turismo, siamo nel cuore della Cappadocia dopotutto, la mia impressione in un tardo settembre è stata quella di un luogo meno caotico e più sincero rispetto a Göreme, eccezion fatta per gli inspiegabili cammelli ad uso turistico all’ingresso del villaggio.
La distesa di camini delle fate a Uçhisar assume ancora una volta una fisionomia diversa. Ne sono rimasta affascinata. Le forme, i colori, le stradine che si districano tra i camini, il paesaggio lunare che si ammira dall’alto del castello di Uçhisar svelano un nuovo volto della regione. E si respira un silenzio finalmente non interrotto dal fastidioso frastuono dei defender e dei quad.
La fortezza conica in tufo vulcanico ha un aspetto poco convenzionale. Pare più una rocca crivellata da colpi che un castello. Domina l’intera valle ergendosi di 95 metri sopra il villaggio. Le sue stanze fungevano da rifugio durante le tante invasioni che hanno afflitto la Cappadocia. È per questo motivo che le prime vere forme di vita sociale a Uçhisar hanno avuto luogo proprio nel castello.
Si raggiunge la cima salendo 275 scalini. Le stanze che si attraversano, solitamente spoglie, al tempo della mia visita, ospitano una mostra che parla italiano “Parlami, Terra! Medea in Cappadocia con Pasolini e Maria Callas “.
Una celebrazione del centenario della nascita di Pasolini (presente anche al Göreme Open Air Museum) organizzata dall’Istituto di Cultura Italiana di Istanbul attraverso fotogrammi e foto estrapolate dal film di Pasolini che in queste valli lunari aveva girato la prima parte di Medea con Maria Callas.
Dalla cima, su cui orgogliosa sventola una gigantesca bandiera turca, si domina l’intera valle. Siamo a 1350 metri sopra il livello del mare.
Salire in cima al castello regalerà ai vostri occhi uno splendido panorama sui camini delle fate. E, se avete la possibilità di attardarvi, godetevi un tramonto da brividi.
Con il suo saliscendi di stradine, i camini scavati nel tufo che si confondono tra le basse casette e alcune note di colore che strizzano l’occhio ai turisti, il villaggio di Uçhisar restituisce un po’ di sincerità alla Cappadocia.
La città sotterranea di Kaymaklı
A circa 20 km da Nevşehir si trova la città sotterranea di Kaymaklı che, insieme a quella di Derinkuyu, è una delle più importanti e grandi dell’Anatolia. Questo insediamento troglodita di origine ittita, trasformato in una vera e propria città sotterranea in epoca romana e bizantina, dove i cristiani trovavano rifugio dalle incursioni, si sviluppa in profondità su 8 livelli tuttavia solo 4 di questi sono aperti ai visitatori.
La Kaymaklı Yeraltı Şehri, Patrimonio Unesco dal 1985, è una vera e propria opera di ingegneria. Le stanze che la costituiscono si sviluppano intorno ad un camino di areazione per garantire la ventilazione degli ambienti e tra un passaggio e l’altro si possono vedere grandi porte di pietra a forma di macina utilizzate per sigillare le stanze in caso di incursioni nemiche. Ogni parte della città sotterranea è collegata alle altre attraverso stretti tunnel e soffitti bassi. Se soffrite di claustrofobia la visita potrebbe non fare per voi.
La città sotterranea di Kaymaklı presentava tutte le condizioni necessarie affinché potessero trovarvi rifugio anche per diversi mesi circa 20 mila persone. Ci sono stalle, cisterne per il vino, pozzi per l’acqua, cucine e magazzini per gli alimenti, chiese e aree comuni. Nel secondo livello si trova la chiesa principale con una navata singola e due absidi. Di fronte all’abside c’è un altare e sui lati ci sono delle sedute.
Il terzo livello è probabilmente quello più interessante in quanto i ritrovamenti al suo interno hanno permesso di capire che nella città sotterranea i suoi abitanti producevano olio e vino. Inoltre, il ritrovamento di un’andesite con 57 fori, usata per la lavorazione a freddo del rame, testimonia l’abilità metallurgica di queste popolazioni.
Pigeon Valley
La Güvercinlik Vadisi, ovvero la Valle dei Piccioni, deve il suo nome alle numerose colombaie scavate nel morbido tufo vulcanico dalla popolazione. Il guano dei piccioni veniva utilizzato per fertilizzare gli aridi terreni della Cappadocia. Ma il loro sterco non serviva solo a concimare i vigneti bensì anche a preservare gli affreschi delle chiese rupestri.
Molte sono le colombaie scavate nel corso dei secoli lungo la valle. Alcune di ampia superficie ospitano al loro interno numerose nicchie. Sebbene i piccioni non svolgano più un ruolo importante nell’economia locale non è raro vedere costruzioni rupestri e chiese ospitare colombaie.
Potete percorrere la Valle dei Piccioni a piedi in tutta la sua lunghezza ammirandone le formazioni naturali da vicino oppure più pigramente, come me, ammirarla da alcuni dei belvedere lungo la strada che collega Göreme a Uçhisar. È qui che troverete i caratteristici alberi adornati da decine di Nazar Boncuğu. Nel caso optiate per il trekking, il percorso che parte da Göreme e si estende fino a Uçhisar (o viceversa) si estende per circa 4 km.
Valle di Devrent
C’è un luogo in Cappadocia dove il paesaggio è onirico. Un luogo che ti appare come in un sogno mentre percorri la strada che collega Avanos a Ürgüp. Un luogo che non si esplora camminando ma sognando ad occhi aperti. È la Devrent Vadesi, più nota come Valle dell’Immaginazione.
In questi canyon vento ed erosione si sono sbizzarriti nel forgiare le rocce. I camini delle fate infatti assumono sembianze di cammelli, lumache, delfini, serpenti, conigli. O di qualsiasi altro animale i vostri occhi immagineranno di vedere. In questo angolo di Cappadocia è la vostra fantasia, infatti, a dare una forma alle stravaganti formazioni rocciose. Non so quanto fervida sia la vostra immaginazione ma vi sarà impossibile non vedere un cammello nel più famoso camino di Devrent.
Nella Devrent Vadesi non troverete chiese, tombe o insediamenti scavati nella roccia, ma uno zoo inanimato le cui rocce al tramonto sembrano tingersi di rosa. Non è banale definirlo un luogo da fiaba.
La Valle di Paşabağ
Ad appena un kilometro dal sito archeologico di Zelve, la Valle di Paşabağ nota anche come Valle dei Monaci, regala alla vista nuovi scenari e nuove storie di erosione. Se c’è una cosa che continua ad affascinarmi della Cappadocia è la varietà dei suoi paesaggi lunari. Sempre nuovi, sempre sorprendenti.
Passeggiare in questa valle lascia attoniti. I pinnacoli di Paşabağ hanno “cappelli” e sono disposti in gruppi. Sono imponenti funghi rocciosi. Alcuni con finanche 3 teste e di 40 metri di altezza.
Paşabağ è una preziosa pagina di geologia. Con le loro palette di colori, i camini delle fate della Valle dei Monaci infatti sono dei libri a cielo aperto sulle fasi di erosione succedutesi nel corso dei millenni e sugli sviluppo morfologici. Una pagina sul passato di questa regione ma anche sul suo futuro.
Perché i camini delle fate a Paşabağ sono in continua trasformazione. Alcuni hanno completato la loro formazione e lentamente si avviano alla scomparsa. Con la caduta del cappello infatti l’erosione del cono si velocizza. Altri camini invece si stanno ancora formando.
Nella valle sono numerose le chiese rupestri e le celle dei monaci e degli stiliti scavate nei camini delle fate. Qui infatti in epoca paleocristiana scelsero di insediarsi per condurre una vita contemplativa a contatto con la natura. Tra questi anche San Simeone Stilita che scelse questa valle per vivere da asceta.
Tre sono gli eremi a Pasabag nei quali si ritiene abbia vissuto Simeone. Il primo è un pinnacolo isolato con la cella dello Stilita posta sul terzo livello. Quello più imponente e complesso, è sicuramente il secondo eremo, che si ritiene sia stato costruito in un secondo momento affinché il santo potesse accedervi più agevolmente durante la vecchiaia. Presenta una chiesa annessa, tuttavia inaccessibile perché posta a 4 metri di altezza. Il terzo eremo è attualmente occupato dalla gendarmeria. Non può passare inosservato visto che vi sventola su la bandiera turca.
Bonus finale: la Valle delle Spade e la Valle delle Rose a cavallo al tramonto
Non c’è stato un solo luogo in Cappadocia che non mi abbia regalato emozioni. Non c’è stato nemmeno un singolo momento in cui non abbia provato commozione di fronte alle bellezze naturali che questa regione custodisce. Rimarranno tuttavia indelebili nella mia memoria i paesaggi naturali che ho potuto fotografare solo con i miei occhi durante un tramonto settembrino percorrendo la Kılıclar vadisi, la Valle delle Spade, a cavallo. Non riesco ad immaginare un modo più bello per visitare queste valli incantate se non a cavallo. La Terra dei bei cavalli esplorata a cavallo ti fa assaporare con lentezza e in silenzio i doni che Madre Natura ha forgiato per i nostri occhi.
Una bellezza che in alcune occasioni è stata violata dai maledetti, polverosi e rumorosi quad. Lo dico con sincerità: è da criminali percorrere le valli con quei mezzi. Farlo vuol dire non comprenderne la bellezza, la storia di equilibrio tra natura e uomo e contribuire al deterioramento dei camini delle fate.
Mentre i cavalli serafici attraversano la grigia valle, spesso brulla, in cui i camini hanno l’aspetto di punte di spada si possono ammirare lungo il percorso grotte, piccionaie e chiese rupestri scavate nella roccia.
Il momento clou della passeggiata è l’arrivo sul ciglio della Valle delle Rose al tramonto mentre il sole proietta i suoi caldi raggi sulle formazioni rocciose che si tingono di sfumature rosa creando un’atmosfera eterea.
La Cappadocia è luogo dell’anima.
Ma si può scoprire la Cappadocia senza auto a nolo?
Viaggiando solo con i mezzi pubblici il primo problema che mi pongo nell’organizzazione di un itinerario riguarda proprio gli spostamenti. Se vi state domandando se sia possibile visitare la Cappadocia anche senza un mezzo proprio vi dirò subito che è assolutamente possibile. Naturalmente ciò comporta tempi più dilatati e limitazioni negli spostamenti ma nulla che possa davvero impedirvi di godervi questa regione unica.
Nel mio caso ho fatto ricorso a normali autobus e a un tour guidato. Quest’ultima soluzione ha avuto i suoi pro e contro. Senza di esso non avrei potuto raggiungere per esempio la Valle di Devrent, ma mi è toccata una sosta promozionale presso un’ azienda di ceramiche ad Avanos. Esperienza interessante quella di vedere come gli artigiani lavorano l’argilla da cui nascono le famose ceramiche della zona, ma che mi ha precluso la visita del villaggio.
Quando andare in Cappadocia
Dal punto di vista paesaggistico la Cappadocia val bene un viaggio in qualsiasi periodo dell’anno. In inverno le valli e i camini delle fate spolverati di neve rendono il panorama ancora più suggestivo, tuttavia le temperature scendono sottozero e la possibilità che le mongolfiere restino a terra per avverse condizioni meteo è decisamente elevata.
Il periodo ideale per visitare la Cappadocia è tra maggio e ottobre, in special modo in primavera e in autunno. Occorre solo un abbigliamento adeguato visto che l’escursione termica tra le prime ore del mattino e il pomeriggio si fa sentire.
Sebbene a luglio e agosto le temperature arrivino a 40° gradi, è in questo periodo che si registra il maggior afflusso di turisti.
Essere andata in Cappadocia a fine settembre ha avuto indubbiamente dei vantaggi. Primo fra tutti quello di una minore presenza turistica. Tuttavia l’escursione termica si è fatta decisamente sentire.
Le temperature all’alba si attestavano intorno ai 5-6° gradi mentre nel corso della giornata raggiungevano anche i 25°. Nulla di problematico partendo attrezzati. Unica nota dolente (non tanto per me ma per chi vuole il pacchetto iconico completo 🙂 ) è che la maggior parte delle terrazze degli hotel non avevano più i caratteristici allestimenti di tappeti e cuscini.
Come arrivare in Cappadocia
Il modo più semplice e veloce per arrivare in Cappadocia è naturalmente tramite aereo da Istanbul. Due sono gli aeroporti che interessano la regione, quello di Kayseri e quello di Nevşehir che si trovano rispettivamente a 75 km e a 40 km da Göreme. Il tempo di volo è di poco più di un’ora. Sebbene l’aeroporto di Nevşehir sia quello più vicino a Göreme, per una questione di numero di voli e costo del biglietto, potrebbe risultare più conveniente quello di Kayseri.
La mia scelta è caduta sull’aeroporto di Nevşehir e non me ne sono pentita.
Per raggiungere Göreme, Uchişar, Avanos o Nevşehir si può ricorrere ad un transfer pubblico. Proprio fuori dall’aeroporto di Nevşehir c’è l’insegna dell’Ipek Tour che effettua trasferimenti per le città menzionate. Per maggiori informazioni potete contattarli al +90 5317351078.
Tuttavia sono molti gli hotel che offrono trasferimenti con shuttle condivisi. Nel mio caso ho optato per il trasferimento organizzato dal mio hotel a Göreme. Trattandosi di un servizio condiviso con altri hotel, i tempi per raggiungere il proprio alloggio possono variare. Göreme tuttavia è una piccola località e i tempi non sono affatto lunghi.
Se volete scoprire le altre incredibili meraviglie che sa regalare la Turchia, potete esplorare il sito ufficiale del turismo turco.
Simona, che bello tornare sul tuo blog! Ho letto (quasi ascoltato la tua voce) e guardato le foto con l’espressione trasognata: bello perdersi tra gli echi della storia, la suggestione della luce dell’alba e il potere così evocativo del nome di questa regione, non serve spiegarti il perché 😉 Il tuo racconto poi ha fatto il resto.
Che finezza gli affreschi, le abitazioni, le chiese e gli eremi che non considero scavati, ma intagliati nella roccia: la mano dell’uomo e il braccio della natura in un luogo unico. Quasi una versione di Matera a livelli PRO (senza disprezzare Matera). E come per Matera non poteva non esserci un focus sul discorso turismo (ir)responsabile. Quad e defender (ho visto la foto con tutti quei quad) in poco tempo hanno spezzato millenni di connessione profonda tra uomo e natura. Per la serie noi sogniamo a occhi aperti, e questi viaggiano a occhi chiusi! Ma come fai a non riflettere che questo tipo di turismo sta stravolgendo l’approccio al viaggio in meraviglie naturali come questa? Tanto più che mi dici che l’erosione sta facendo il suo corso! Mi rendo conto che quei mezzi possono offrire la possibilità di esplorare questa regione anche a chi non può per l’età e per condizioni fisiche, ma l’equilibrio tra accessibilità e rispetto del territorio mi sembra troppo alterato a giudicare dalla presenza così pervasiva di veicoli. Occorre una maggiore consapevolezza da parte dei viaggiatori, poi uno storce il naso se li chiama “turisti” 🙁 Chissà cosa sarà la Cappadocia tra qualche anno. Per fortuna albe e tramonti non possono essere alterati dalla nostra dannata specie 😛
Ma torniamo alle cose belle, quindi mi stai dicendo che lì c’è il sacro tridente cavalli+cani+gatti, bene… sto cercando di immaginare i miei livelli di esaurimento a distribuire carezze e attenzioni 😀
Ah guarda, la mia immaginazione ci ha visto non solo il cammello, ma anche Melchiorre e Baldassarre 😛
E la foto di te sotto la Mezzaluna non poteva essere più iconica, un bellissimo capitolo della tua vita! È stato un grande viaggio, grazie per averlo condiviso :*
Grazie Daniela. Ti ho sorpreso con un articolo sulla Cappadocia invece che su Danzica? ☺️
Mi sembrava un peccato tenerlo lì tra le bozze dopo tutte le emozioni provate e le immagini spettacolari che mi ha regalato. La mia passione per la Turchia ha fatto il resto.
Anche io l’ho immaginata come una versione pro di Matera, senza nulla togliere al capolavoro lucano. È che le valli della Cappadocia hanno un’aura, una spiritualità intrinseca che manca a Matera. Quello che mi fa arrabbiare dei quad è che snaturano proprio l’origine della regione: i religiosi trovavano rifugio qui proprio per il silenzio e l’isolamento. Spero che il ministero del turismo turco metta un freno a questo scempio. Santi cavalli che non sono stati scalfiti dal rumore dei quad che passavano vicino. A proposito di cavalli, ho scoperto che il ranch ha chiuso i battenti una settimana fa. Che peccato!
Grazie come sempre per le belle parole 😘
Che bello rivivere lo stesso viaggio che ho fatto anche io in Cappadocia due anni fa ma tu sei stata più brava di me e ne hai scritto, io ancora devo riordinare gli appunti che nel frattempo si sono ammassati insieme agli altri. Ti dico solo che per riordinare quelli del Nepal ci ho messo due settimane! Complimenti articolo e foto meravogliose!
Grazie Veronica! Ti capisco… perché anche io ci ho messo un’eternità a trasformare in parole questo viaggio meraviglioso. Ho la sindrome da bozze di viaggio 😅
Il Nepal, che sogno hai realizzato!
Che meraviglia! Trovo che sia uno dei luoghi più belli della Terra. Ci vuole non poco per arrivare ma il viaggio vale.
Hai proprio ragione. Certo non ho visitato il mondo intero ma è innegabile che la Cappadocia abbia paesaggi di una bellezza fuori dal comune.
Che meraviglia! Trovo che sia uno dei luoghi più belli della Terra. Ci vuole non poco per arrivare ma il viaggio vale.